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Timbuctù

(…) Il risultato fu che, prima che Mr Bones entrasse nella sua vita, Willy non aveva mai avuto l’occasione di osservare da vicino il comportamento di un cane, e non ci aveva mai pensato molto. Per lui i cani erano figure nebulose, confuse presenze in bilico sui confini della sua mente. Bisognava evitare quelli che ti abbaiavano contro e accarezzare quelli che ti leccavano. Le sue conoscenze erano tutte qui.

(…) C’erano tante cose da imparare, tante manifestazioni da assimilare, da leggere, a dire il vero Willy non sapeva da che parte cominciare. Lo scodinzolio opposto alla coda fra le gambe. Le orecchie ritte opposte a quelle pendule. Il rotolare sulla schiena, la corsa in tondo, il fiutarsi l’ano e i ringhi, i balzi da canguro e le piroette a mezz’aria, l’appostamento rannicchiato, lo scoprire i denti, l’inclinare la testa, e cento altri minuti dettagli, espressione ciascuno di un pensiero, un sentimento, un progetto, un impulso. Willy scoprì che era come imparare una nuova lingua, come capitare in mezzo a una tribù di uomini primitivi rimasti isolati per secoli e doverne desumere i misteriosi usi e costumi. Una volta superata la barriera iniziale, quello che lo affascinava di più era l’enigma che chiamava Paradosso Occhio-Naso, o Inventario dei Sensi. Willy era un uomo, e come tale per la sua comprensione del mondo si affidava principalmente alla vista. Invece Mr Bones era un cane (…) Per una vera consapevolezza, per un’autentica comprensione della realtà nei suo diversi aspetti, poteva contare solo sul naso. Qualunque cosa Mr Bones sapesse del mondo, qualunque cosa avesse scoperto in merito all’introspezione, alle passioni o alle idee, era stato guidato dal senso dell’olfatto. Da principio Willy non credeva ai suoi occhi. L’avidità di odori del cane sembrava inesauribile, e una volta scoperta una traccia interessante, vi incollava il naso con una tale determinazione, con un entusiasmo così risoluto, che tutte le altre cose del mondo non esistevano più. Le sue narici si trasformavano in proboscidi di suzione, annusando gli odori come un aspirapolvere risucchia i vetri rotti, e in certe occasioni, parecchie a dire il vero, Willy si stupiva che il marciapiedi non si spezzasse per l’energia e la furia di fiutate di Mr Bones.

(…) Come non rimanere affascinati da tutto ciò?

(…) Cosa provava Mr Bones quando fiutava qualcosa? E, altrettanto importante, perché fiutava quello che fiutava?

(tratto da ‘Timbuctù’ di Paul Auster – 1999)

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